Dracula di Bram Stoker appartiene al
mare magnum di quei classici senza tempo mescolandosi in una linea del tempo
ininterrotta con Frankenstein, Orgoglio e pregiudizio, Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde.
Non a caso ho citato questi tre capisaldi della letteratura inglese con cui Dracula ha diverse cose da spartire. Con
il romanzo breve di Stevenson condivide il tema della doppia personalità che in
Dracula assume tonalità demoniache e
spettrali; con il bestseller di
Austen lo stile e con il libro di Mary Shelley il filone narrativo, cioè quel
romanzo gotico che ancora oggi, pur con le dovute differenze, riscuote notevole
successo e che fonda il suo topos narrativo
su personaggi orridi o che suscitano spavento e terrore, luoghi spettrali e
isolati spesso ombrosi e lugubri (come appunto il castello del conte Dracula) e
una trama volta a mantenere viva l’attenzione del lettore.
Dracula, apparso nel 1897 nel pieno del
secolo dei Lumi, rappresenta un paradosso letterario. Il libro infatti è in
qualche modo l’archetipo del genere horror e gotico, da cui tante altre
produzioni hanno attinto, ma in realtà è il volume che chiude il ciclo gotico
stesso, il quale aveva vissuto le sue maggiori fortune nei decenni precedenti
con diverse pubblicazioni sul tema: Il
monaco di Matthew Lewis (1796), Frankenstein
di Mary Shelley (1818), Il vampiro di
John William Polidori, (1819). Solo per citarne alcuni. Ma per quale motivo,
nonostante una letteratura ampia sulla figura del vampiro come demone sputato
dall’inferno, proprio il Dracula di
Bram Stoker è sopravvissuto fino ad oggi? Perché il suo testo e non le
avanguardie narrative di Polidori? La risposta giace in una somma di elementi
di diverso tipo che incrociano non solo l’abilità di Stoker, l’apprezzamento
dei lettori e le atmosfere create ma anche il mondo del cinema che nell’anno
della prima edizione del romanzo muoveva i suoi primi passi.
Gary Oldman interpreta il vampiro in Dracula di Bram Stoker. |
Si sa,
la grandezza ed il merito della letteratura stanno nella sua capacità di
fungere da specchio del tempo e di far conoscere al lettore, direttamente o
indirettamente, gli usi e costumi dell’epoca, l’intimità dello scrittore che
può emergere da uno o da più personaggi, la cultura e la sottocultura che
permea le vicende raccontate. Anche Dracula
non può sottrarsi a questo schema e ci fornisce informazioni di carattere
sociale e personale. Il primo dato che emerge distintamente all’interno della
narrazione mediante le figure di Mina Harker, Lucy Westenra e anche delle tre
Non-morte al servizio di Dracula è la condizione della donna, o meglio la
percezione che la struttura sociale del tempo, ancora totalmente maschile,
aveva del ruolo femminile. Non di rado affiora la figura di una donna che per
natura e per indole è votata alla dedizione sperticata verso l’altro sesso
oltre che ad una sottomissione completa. A dimostrazione di ciò diversi sono
gli inviti di Mina a Lucy ad adottare questi atteggiamenti:
«Io
voglio che tu veda ora, e attraverso gli occhi di una moglie molto felice, dove
mi ha condotta il senso del dovere, in modo che anche tu, nella tua vita di
sposa, possa essere felice come me» (p. 139).
«Assumerò
un’aria impassibile, e se mi sento incline alle lacrime, non glielo darò mai a
vedere. Questa, suppongo, è una delle lezioni che noi povere donne dobbiamo
imparare…» (p. 336).
E diverse altre volte la corrispondenza delle due donne e i loro rispettivi diari presentano riferimenti al “senso del dovere”, alla necessaria “devozione” e alla “fiducia incondizionata” verso il marito. Ciò non significa che Bram Stoker fosse un maschilista o un misogino di primo livello ma, attraverso la sua prosa, scorgiamo la spia di quale fosse l’effettiva condizione che gravava sul sesso femminile sul finire del XIX secolo in Inghilterra quando iniziarono a formarsi i primi comitati e movimenti per l’introduzione del suffragio femminile. Ad aver pesato sui giudizi di Stoker verso l’altro sesso potrebbero essere state le sue origini irlandesi che spesso si accompagnano ad una notoria e storica fede cattolica, la quale dottrinariamente afferma, forte del contenuto delle Sacre Scritture, la superiorità dell’uomo sulla donna. E tutt’oggi l’impossibilità delle donne di accedere al sacerdozio e quindi all’esercizio effettivo dei riti religiosi testimonia questa tendenza misogina.
E diverse altre volte la corrispondenza delle due donne e i loro rispettivi diari presentano riferimenti al “senso del dovere”, alla necessaria “devozione” e alla “fiducia incondizionata” verso il marito. Ciò non significa che Bram Stoker fosse un maschilista o un misogino di primo livello ma, attraverso la sua prosa, scorgiamo la spia di quale fosse l’effettiva condizione che gravava sul sesso femminile sul finire del XIX secolo in Inghilterra quando iniziarono a formarsi i primi comitati e movimenti per l’introduzione del suffragio femminile. Ad aver pesato sui giudizi di Stoker verso l’altro sesso potrebbero essere state le sue origini irlandesi che spesso si accompagnano ad una notoria e storica fede cattolica, la quale dottrinariamente afferma, forte del contenuto delle Sacre Scritture, la superiorità dell’uomo sulla donna. E tutt’oggi l’impossibilità delle donne di accedere al sacerdozio e quindi all’esercizio effettivo dei riti religiosi testimonia questa tendenza misogina.
La fede
nel Divino e il timor di Dio biblico traspaiono dalle pagine di Dracula: i personaggi sono propensi ad
una forte colpevolizzazione che a lungo andare sfocia nell’esasperazione del
lettore. Mina Harker, come il dottor Seward, si dolgono della morte di Lucy
scaricando sulle proprie spalle il suo decesso e al contempo si rivolgono
pietosamente a Dio affinchè possa garantire loro aiuto e sostegno; questi
ultimi non arriveranno mai. A ciò si aggiunge il pietismo fuori luogo che,
verso la fine del libro, Mina Harker mostra nei confronti del vampiro che con
violenza orrenda, non dissimile da uno stupro, l’ha trasformata nella sua
futura serva dimostrando così la sua infinita bontà che sembra voler
testimoniare indirettamente la grandezza del perdono cattolico. Se dalla buona
borghesia inglese possiamo attenderci dei comportamenti simili, poco
giustificabile appare invece il professor Van Helsing che in alcuni momenti si
lancia in invocazioni parossistiche del Divino implorando la venuta e l’aiuto
di Dio e di Gesù Cristo. Sebbene il volume tratti di eventi soprannaturali, in
cui anche credenze e superstizioni assumono la forma di rimedi scientifici,
lasciano perplessi l’affidamento e l’invocazione da parte di uomini di scienza
(Van Helsing appunto ma anche Jack Seward) ad entità divine intangibili.
Edizione
di riferimento: Dracula, Bram Stoker,
Milano, BUR, 2004
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